Il segretario regionale del Partito Democratico Danilo Leva, appreso da alcuni organi di informazione delle ultime inquietanti notizie relative al caso dell'acqua inquinata nei comuni del Basso Molise, sottolinea la necessità che l'intera vicenda che assume contorni sempre più foschi venga chiarita nel più  breve tempo possibile.

"Le informazioni in possesso di alcuni giornalisti e divulgate qualche orea fa da 'primonumero.it' rivelano che il livello dei trialometani nell'acqua dell'invaso di Guardialfiera era già elevatissimo dalla metà di novembre. E da allora e fino al periodo natalizio nel quale è scoppiato il caso, nessuno ha inteso intervenire. Primo fra tutti il presidente di Molise Acque che non avrebbe dato ascolto alle preoccupazioni espresse dai vertici dell'Arpam che espressamente avrebbero richiesto un monitoraggio più costante e una modifica del processo di depurazioni dell'acqua destinata al consumo umano. Nessun organo competente ha provveduto a dare seguito all'allarme dell'Arpa: non sarebbe stato riparato l'impianto di ozonizzazione, non sarebbero stati sostituiti i carboni attivi dei filtri, non sarebbero state messe in atto tutte quelle prescrizioni che avrebbero poi scongiurato il picco di trialometani che ha provocato di fatto la cessazione dell'approviggionamento idrico nella maggior parte dei comuni del basso Molise.

Una vicenda che urla vendetta, che chiama la responsabilità di chi invece avrebbe dovuto solo operare per la tutela dei cittadini. Per questo vi invito ad appoggiare la nostra campagna di mobilitazione che nel prossimo week end vedrà ancora impegnato il Partito Democratico per la tutela del nostro patrimonio più raro. L'ambiente."

 
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Un Italia stanca e, ahimè, abituata ai continui scandali del proprio Presidente del Consiglio, impotente sta assistendo al tracollo della dignità nazionale. I giornali esteri non fanno che parlare delle volgarità messe in atto da Don Silvio, quelli italiani hanno ormai l'agenda imbevuta degli scandali di Arcore, per non parlare dei telegiornali che stanno diventando dei programmi a luci rosse da vietare ai bambini.

Anch'io, come molti, trascinata nel marasma della quotidianità, mi sono lasciata scivolare addosso settimane e settimane di notizie riguardanti esclusivamente il “bunga bunga”, ma poi mi sono detta: se la società civile, che siamo noi, non riesce più a scandalizzarsi, dove andremo a finire? E dopo l'ennesimo strillone sulle minorenni ormai diventate delle abituè di Villa San Martino, ho deciso di farmi un po' di “cultura”. Ho posato i libri universitari (per quelli c'è sempre tempo) e ho preso tra le mani le 389 pagine dell'"invito a comparire per persona sottoposta a indagini", che la Procura di Milano ha allegato alla richiesta di autorizzazione a procedere per una perquisizione in un edificio di proprietà "del deputato Silvio Berlusconi". Questo documento potrebbe contenere, starà ai magistrati deciderlo, le prove della colpevolezza del leader del Popolo delle Libertà (o “Italia”, perché nel frattempo a quanto pare hanno deciso di cambiare nome, giusto per infangare ancora un po' quello della nostra beneamata Repubblica). Il fascicolo contiene per lo più intercettazioni telefoniche e io, presa da un momento di curiosità, “voyeurismo”, o forse sarebbe più corretto dire masochismo, mi sono data meticolosamente alla lettura. Ho letto di anziani figuri dell'alta società italiana, il signor Fede e il signor Mora, farsi abili organizzatori di cene a base di “carne fresca”; ho letto di giovani fanciulle devote all'arte della cupidigia, ma devote anche a quel “dio denaro” che avrebbero incontrato dopo qualche notte ad Arcore; ho letto di turpi ragazze turbate da ciò che ai loro occhi, di certo non candidi, si era presentato durante cene degne della fama di Sodoma.

Più proseguivo nella lettura e più l'indecoroso scenario descritto in quelle pagine mi faceva pensare alla tristezza di un uomo potente, un uomo che ha tutto, ma non ha nulla perché solo tra le decine di lacchè che lo circondano. Ero quasi mossa da spirito compassionevole quando ho letto una frase che mi ha fatto tornare alla cruda realtà. In una telefonata dell'otto Gennaio sentiamo una Barbara Fagioli dire all'amica di merende Nicole Minetti: «a lui gli fa comodo mettere te e me in Parlamento perché dice 'bene me le sono levate dai coglioni, lo stipendio lo paga lo Stato'». Credo che questa frase spieghi meglio di tutte le parole che potrei spendere a riguardo: siamo governati da un popolo di corrotti e prostitute e ce ne stiamo beatamente a guardare! Il solito metodo del prestigiatore che attira l'attenzione su una mano e intanto con l'atra prepara il vero trucco. Già, perché mentre ce ne stiamo qui a chiacchierare di pu*****, nell'ombra si stanno preparando piani malefici (come un federalismo malmesso o una proposta di legge retroattiva per abbassare la maggiore età, così da salvare ancora una volta il sedere dorato di Berlusconi).

Vorrei inneggiare alla Rivoluzione, ma accuserebbero me e il mio partito di essere dei violenti sovversivi, così mi limito (se così si può dire) ad osannare la Costituzione e ad invocare un intervento della società civile affinché possiamo riprenderci quello che ci appartiene di diritto, la sovranità della nostra Italia, ma sopratutto la dignità di un paese costretto a vergognarsi davanti al mondo intero.
Per questo vi chiedo di firmare l'appello che il Partito Democratico ha lanciato sul suo sito per chiedere le dimissioni di Berlusconi. In un paese normale, un uomo normale si sarebbe già dimesso da tempo, ma questo, a quanto pare, dopo sedici anni di berlusconismo, non è più un paese normale.
Concludo citando colui che mai avrei pensato di citare in vita mia, ma forse esprime bene l'ignoranza e la bassezza di un uomo che si stanno riflettendo su un intero paese: in un uomo di stato, la cosiddetta "cultura" è in fin dei conti un lusso inutile”, Benito Mussolini.

Anna Frabotta


 
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Il Circolo del Partito Democratico di Rionero Sannitico ha deciso di aderire alla grande mobilitazione proposta dal Segretario Bersani, un mese di “porta a porta” per spiegare all’Italia i fallimenti di un governo che ha gettato il bel paese in una condizione di crisi inaudita.

La necessità di partecipare a questa importante iniziativa nasce dalla nostra voglia di raccontarvi gli ultimi due anni di governo, due anni che sono facilmente riassumibili in miracoli promessi e mai realizzati, ma anche in continui scandali afferenti la vita “privata” del Presidente del Consiglio che hanno continuamente saturato l’agenda politica, allontanandola da quelli che sono i veri problemi del nostro paese.

Mentre tutti eravamo distratti dal rituale del “Bunga bunga”, alle nostre spalle, nel frattempo, la disoccupazione è cresciuta (quella giovanile si attesta al 30%), le tasse sono aumentate, sono stati tagliati 8 miliardi di euro per la scuola e l’università pubblica (ma tranquilli perché i tagli per le università private sono stati cancellati!), sono state proposte leggi antidemocratiche in materia giudiziaria (vedi Lodo Alfano retroattivo) e questo solo per citare alcuni dei “miracoli” che l’attuale governo è riuscito a fare, spingendo il paese in una grave crisi economica e sociale.

Siamo inoltre convinti dell'impossibilità dell'attuale maggioranza di continuare a legiferare, convinzione supportata dall'ennesima sconfitta subita dal governo alla Camera (si tratta della 61° e riguarda la riforma universitaria... la stessa Ministra Gelmini si è votata per sbaglio contro!), sconfitta che evidenzia il crescente disfacimento di un potere ormai agli sgoccioli.

Ovviamente non dimentichiamo nemmeno la triste situazione della nostra regione, con una sanità malata e una questione ambientale a rischio ecomafie.

In tempi in cui la Rai s.p.a. troppo spesso perde di vista quelli che sono gli obbiettivi propri di un servizio e di un’informazione pubblica (ricordo che l’Italia è al 49° posto nella classifica sulla libertà di stampa stilata da Reporter Sans Frontiers), a raccontarvi il cumulo di rifiuti e bugie sotto cui siamo stati sepolti ci pensiamo noi!

Per parlare di queste e di altre problematiche e per raccontarvi quelle che sono le nostre proposte, vi aspettiamo Domenica mattina in piazza della Repubblica, insieme a Danilo Leva, segretario regionale del Pd, e Marco Amendola, segretario provinciale.

Rimbocchiamoci le maniche, ci aspettano giorni migliori!


Anna Frabotta





 
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Il quotidiano La Stampa si è occupato oggi del Molise, mettendo il resto dell'Italia al corrente di quanto accade nella regione più piccola e dimenticata del paese. Ecco l'articolo/denuncia che è apparso oggi sul quotidiano torinese:


di MARCO ALFIERI
«Sul regno di Michele Iorio non tramonta mai il sole», ironizzano i detrattori. I possedimenti immobiliari della regione spaziano da Campobasso, a Roma (due sedi in via del Pozzetto e via Nomentana), al villino di rappresentanza di Bruxelles (554 mq nella centralissima Rue de Toulouse), fino alla «Casa Molise» di Moron (Buenos Aires), la dependance argentina inaugurata nel settembre 2008 con un viaggio costato alle casse regionali la bellezza di 80 mila euro. La flotta presidenziale invece era pronta in rada al porto di Termoli: una nave/jet da 8,5 milioni acquistata per collegare la cittadina adriatica con i dirimpettai ex jugoslavi. Peccato che la scelta diretta del partner senza gara pubblica sia stata irregolare. Aliscafi Snav ha fatto ricorso e ha vinto. Frustrando i sogni di gloria del presidente armatore. 

Michele Iorio da 10 anni è il vicerè immaginifico del piccolo Molise (320 mila abitanti, un quartiere di Roma), la regione più sussidiata d’Italia. Anche se il suo potere camaleonte affonda al principio dei Novanta: prima sindaco di Isernia, il suo feudo, poi assessore regionale in quota centrosinistra, poi il ribaltone, la sconfitta in regione, una fugace apparizione in senato, il ricorso, e il rivoto vittorioso nel 2001 a capo di una coalizione berlusconiana, ma sempre con una avvertenza: in Molise Iorio è Iorio, non certo un di cui del premier. Potere e consenso conquistato con capacità chirurgica, clientela su clientela. Si potrebbero scrivere interi libri sull’epopea di questo medico di provincia fattosi in poco tempo monarca assoluto dell’ex contado del Molise, staccatosi nel 1963 dagli Abruzzi nell’illusione di farsi mantenere in eterno. L’anno scorso c’ha pensato Vinicio D’Ambrosio («Il regno del Molise», edizioni il Chiostro). Il suo è un documento pieno di fatti e cifre, sprechi e scandali, mai smentiti dai protagonisti ma nemmeno ripresi dai media locali: «semplicemente snobbato, un muro di gomma», commenta amaro D’Ambrosio. 

Per capire il Molise basta un numero: articolo 15. Lo chiama così chi prova a mettere in fila il sistema Iorio. Una tecnica nata dopo il «terremotino» del 2002. Il sisma colpisce 14 paesi vicini a Campobasso ma il presidente riesce ad estendere lo stato di calamità a tutta la provincia. Lo stesso farà qualche mese dopo con l’alluvione che colpisce il Basso Molise: emergenza spalmata su tutta la regione. Nel frattempo da duplice commissario straordinario (terremoto e alluvione) il presidentissimo lavora al suo capolavoro: un programma pluriennale (votato con delibera nel giugno 2004 e istituito ex art 15) per rilanciare il sistema socio-economico della regione colpito. Un pacchetto omnibus su cui fa convergere un miliardo di euro di risorse. Da quel giorno non c’è comune, impresa, famiglia molisana che non ne sia stata beneficiata: le piazze dei paesi rifatte, le scuole di musica, il museo del profumo, la sanità foraggiata (vedi articolo a fianco) il parco sentimentale, le consulenze d’oro e le assunzioni attraverso le controllate regionali, l’università, la Camera di commercio, i centri per l’educazione ambientale o Sviluppo Italia Molise. Fondi per le calamità usati per oliare il consenso e costruire clientele. Un miliardo gestito in house su cui la magistratura contabile chiede lumi da tempo e che ha finito per dopare un’intera economia già in difficoltà, dal pastificio La Molisana allo zuccherificio di Termoli all’ex impero Ittierre in amministrazione straordinaria. Lasciando il piccolo Molise in balia della bolla edilizia e dell’impiego pubblico. Economia assistita più che produttiva. 

Con questo metodo clientelare, nel 2006 Iorio non rivince le elezioni, trionfa. Lo stuolo di auto blu e di carte di credito per dirigenti ed assessori, il personale in eccesso, la nuova facoltà di medicina aperta nel 2006 (a pochi metri dalla Cattolica), i viaggi all’estero (tipo per le olimpiadi del formaggio in Svizzera), le 18 commissioni consiliari tra ordinarie e speciali (ce n’è una sulla influenza suina) e una regione merchant bank che si occupa di produrre polli e zucchero, sono paradossalmente la sua forza. «Finché Berlusconi lo copre per via del voto regionale nel 2011, Iorio resta a galla ma le vacche grasse sono finite», ragiona Peppino Astore, senatore molisano ex Idv oggi nel gruppo Misto. «Per questo sta provando a dare la colpa al governo centrale che taglia i trasferimenti e lo mette sotto accusa per il deficit sanitario. Fa la vittima, il leghista al contrario». Sarò dura scalzarlo. 

La sua è sempre stata una satrapia dolce, costosa ma avvolgente, consensuale, che si è mangiata pezzi di opposizione offrendo posti di sottobosco e che controlla molta stampa locale e soprattutto la tv principe, Telemolise (diretta dalla moglie di Ulisse Di Giacomo, coordinatore regionale del pdl), attraverso il meccanismo della pubblicità istituzionale per la promozione di progetti tipo «albergo diffuso» (306 mila euro di stanziamento nel 2009 più altri 190mila due settimane fa). 

«Il Molise resta un quartierino asfittico in cui tutti si conoscono e in cui quasi tutti tengono famiglia», prosegue D’Ambrosio. Ad esempio Nicola Passarelli, ex presidente della corte d’appello di Campobasso, appena andato in pensione è stato nominato assessore esterno alla Sanità. Tutto passa in cavalleria perché l’andazzo va bene a molti. «Manca l’autonomia della società civile, attaccata alla sottana di una politica che si è comprata il consenso di tutti», spiega Michele Petraroia, consigliere regionale del Pd. Potere e soldi senza responsabilità. «Solo che oggi con il federalismo fiscale è insostenibile», dice Sergio Sammartino dell’associazione Majella madre. L’ex contado «non ha più i presupposti per restarsene da solo, bello e sussidiato. Produciamo 30 euro su ogni 100 consumati». E’ finita la pacchia. «Meglio tornare con i cugini abruzzesi». Nel frattempo i giovani scappano (il 50% dei laureati) e Campobasso e Isernia sono pieni di torsoli di cemento sconclusionato costruito qua e là, a sfregiare una regione bellissima e selvaggia...




 
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Il direttore generale della RAI, Mauro Masi, ha ripreso l'offensiva contro i programmi sgraditi a Silvio Berlusconi. 
Il Premier è il vero datore di lavoro di Masi e il padre padrone della televisione pubblica italiana. Lo dimostrano le intercettazioni telefoniche relativa all'inchiesta di Trani – cadute nell'oblio collettivo a meno di sei mesi dalla loro pubblicazione - in cui il dg RAI conversa amichevolmente con il cavaliere e il presidente dell'Agcom (il garante delle comunicazioni), tentando di trovare una motivazione valida per chiudere Annozero. Ora, in un paese normale, in una democrazia degna di tal nome, l'opinione pubblica e la stampa insorgerebbero per chiedere le dimissioni immediate del Premier e la rimozione dai vertici aziendali dei manager maggiordomi, preoccupati più di tutelare gli interessi del capo del Governo che quelli dell'azienda in cui lavorano (pagati con i soldi dei contribuenti). E invece, nella quasi indifferenza dei media, Santoro, Fazio, Saviano, Gabanelli vengono additati come strenui oppositori della maggioranza, faziosi, armatori dei Tartaglia, fomentatori d'odio. Giornalisti, conduttori, colpevoli solo di fare il proprio mestiere, di non annegare nell'uniformità della menzogna e della disinformazione imperante nella tv nostrana. Nell'Italia della crisi, dove le fabbriche e le aziende chiudono i battenti, della monnezza in Campania, delle inchieste sulle stragi (politico?)mafiose, raccontare la realtà diventa fastidioso.
Nell'Italia della crisi, i problemi reali svaniscono come d'incanto per lasciare spazio alla cronaca nera, alla morbosità perversa per i delitti e i trucidi episodi utilizzati come arma di distrazione di massa. Non passa giorno, oramai, senza che talk show ci raccontino gli ultimi raccapriccianti particolari sull'uccisione della giovane Sarah Scazzi. E chissà cosa sarebbe successo se la donna rumena colpita a morte dal giovane italiano per un futile diverbio fosse stata italiana e viceversa...
Meglio non disturbare i manovratori. Meglio mettere a tacere le poche voci dissenzienti, chi non si piega a questa logica dissennata. Ecco spiegato l'ennesimo tentativo di Masi di censurare Annozero, prendendo come pretesto l'ormai celebre “Vaffanbicchiere” pronunciato da Santoro in apertura della penultima puntata. Dieci giorni di sospensione la sentenza di Masi, smentito dall'arbitrato interno della RAI che ha “prosciolto” il conduttore, permettendo al programma d'informazione di punta della televisione pubblica (con una media del 23% di share) di continuare ad andare in onda. Gli danno del censore e lui non si smentisce, provando negli ultimi giorni a mettere i bastoni tra le ruote a “Vieni via con me”, il programma realizzato da Fabio Fazio in collaborazione con Roberto Saviano, incentrato sulla narrazione di alcuni temi perlopiù sconosciuti al grande pubblico generalista o poco trattati, come le discriminazione verso gli omosessuali, la mafia al Nord o l'Unità d'Italia nell'anno del 150esimo anniversario. Come per “Annozero”, anche qui il copione non cambia: individuare un falso problema per mascherare l'insofferenza alle voci indipendenti, non asservite. Questa volta sarebbero i cachet troppo esosi degli ospiti il motivo (si parla di Benigni e Bono Vox) della controversia, circostanza smentita con forza da Saviano che ha fotografato impietosamente la logica della delegittimazione in voga ora: “l'Italia resta un paese democratico, non è la Cuba di Castro o il Venezuela di Chavez, non ci arrestano. Abbassano il volume, non pagano gli ospiti, ci diffamano perché è il meccanismo è quello di buttare fango”.


Andrea Leone


 
Cara Segretaria, Caro Segretario,
Il 6 novembre è convocata l’Assemblea Nazionale dei Segretari di Circolo del PD che si terrà a Roma presso l’Auditorium della Conciliazione.
Ti scrivo per chiederti di fare di tutto per essere presente a questo importante appuntamento. Come sai abbiamo avviato la discussione sulla proposta politica e programmatica del partito nelle assemblee nazionali di Roma e Busto Arsizio, e proseguirà con quella che si terrà a Napoli nel mese di dicembre.
Nell’Assemblea dei segretari di circolo discuteremo del contenuto di queste proposte, di come diffonderle sul territorio e sarà una occasione importante per un confronto tra di noi sullo stato del partito. Dal 2007 ad oggi tante cose sono cambiate, tranne una: oggi come allora siamo l’unica forza politica attorno alla quale si può costruire una seria e credibile alternativa democratica e riformista al governo Berlusconi e di questo dobbiamo essere responsabilmente consapevoli.
Questa alternativa dobbiamo costruirla giorno per giorno, rimboccandoci le maniche e lavorando con la passione civile e politica che avete ampiamente dimostrato di avere in questi anni difficili. È questo il motivo che ci ha spinti a promuovere una grande mobilitazione come il porta a porta che si terrà negli ultimi tre fine settimana di novembre. Il 20 novembre sarà l’appuntamento centrale di questa campagna: dobbiamo tornare nei luoghi delle primarie, con migliaia di gazebo e coinvolgere i nostri iscritti e i tanti elettori chiedendogli, non solo di scegliere il futuro del PD con un voto, ma di essere gli attori principali per costruire giorni migliori per l’Italia.
Mi rivolgo personalmente a tutto il gruppo dirigente, agli eletti nelle istituzioni, agli iscritti, agli elettori delle primarie, ma soprattutto a voi che quotidianamente lavorate sul territorio e che rendete concreta l’idea di un grande partito popolare. 
Dobbiamo fare un lavoro straordinario per raggiungere il maggior numero di Italiane e italiani, informarli della nostra proposta di governo e dei danni che la destra ha prodotto al nostro Paese. Siamo il partito della riscossa civica dell’Italia: legalità, onestà, fedeltà ai principi costituzionali.

Tutti assieme con intelligenza, con orgoglio, con convinzione e passione prepariamo un futuro migliore per il nostro Paese.

Vi aspetto a Roma

                                                                                                                  Pier Luigi Bersani




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Come è ormai noto, il progetto dell'ex Senatore Ruta ha creato un certo disordine all'interno del Pd che si è tradotto in un interessante dibattito tra coloro che sono favorevoli ad Alternativ@ e quanti invece hanno apertamente espresso un certo malcontento nei confronti del neonato movimento molisano. 
Mi sembra utile pubblicare il video dell'intervento del Segretario Leva alla presentazione di Alternativ@, in modo da permettere ad ognuno di voi di chiarirsi le idee su quello che può diventare un grande laboratorio di idee pronto a coinvolgere i diversi partiti di centrosinistra.
Vi invito inoltre a visitare il sito www.alternativamolise.net e soprattutto a partecipare ai forum proposti per iniziare a lavorare tutti insieme ad un Molise migliore.


Anna Frabotta
 
 
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Augusto Minzolini e Silvio Berlusconi
La notizia passata dai telegiornali italiani sulla sentenza Dell’Utri è stata: “il senatore del Pdl è stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per il periodo successivo al 1992 e la pena gli è stata quindi ridotta a 7 anni.” Non c’è niente di falso in quest’informazione, non si può quindi accusare Minzolini&co. di aver detto una bugia. Il problema è che non si tratta neppure di tutta la verità. Anzi si tratta di una verità mutilata della sua “verità” principale. Ovvero che Marcello Dell’Utri è stato comunque condannato a 7 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, poiché è stato, per almeno vent’anni, a disposizione di Cosa Nostra. E Dell’Utri non è un senatore del Pdl qualsiasi, ma il braccio destro di Silvio Berlusconi fin dagli albori della sua attività imprenditoriale nonché l’ideatore e cofondatore di Forza Italia.

Si tratta di un abile opera di mistificazione, di manipolazione della notizia, con l’obiettivo di distrarre gli spettatori e ridimensionare la portata di una sentenza che in un qualsiasi altro paese democratico porterebbe alle immediate dimissioni del Presidente del Consiglio e ad una reazione dell’opinione pubblica in grado di provocare grossi problemi di ordine. La sentenza di appello è un pronunciamento che, di per sé, conferma (o smentisce) la veridicità di quanto sostenuto dai giudici del primo grado. Il successivo verdetto della Cassazione ha il solo compito di stabilire la legittimità di questa sentenza, ma non può più metterne in dubbio l’attendibilità. Quindi è ormai un “fatto” che Dell’Utri sia stato per almeno vent’anni al servizio della mafia e che per la mafia faceva da tramite con Silvio Berlusconi. Tutto questo il Tg1 non l’ha detto.

Ma il Tg1 e tutta la compagnia della disinformatjia si sono addentrati in mistificazioni di livello superiore, al punto di sembrare ridicoli, anzi spudoratamente venduti. Il direttore di Studio Aperto, il fino a ieri anonimo Giovanni Toti (nel video), ha sostenuto che con questa sentenza sono state smentite le gravi accuse di Gaspare Spatuzza “che per anni, pagato dallo Stato, con le sue dichiarazioni ha avvelenato la vita pubblica e la reputazione di tante persone per bene”. Si tratta di un’insinuazione bella e buona, prima di tutto perché non si conoscono le motivazioni della sentenza: sarà, infatti, fondamentale capire se i giudici hanno considerato le rivelazioni di Spatuzza “incredibili” oppure veritiere ma insufficienti ai fini di una condanna (e nel secondo caso bisognerebbe chiedersi il perché non è stata ammessa agli atti la testimonianza di Massimo Ciancimino, che avrebbe potuto riscontrare quando detto da Spatuzza). Ma, in secondo luogo, è assurdo sostenere che Spatuzza sarebbe stato smentito dalle parole del suo stesso boss, Filippo Graviano. Sì perché Spatuzza è un collaboratore di giustizia che si è rivelato sempre attendibile in tutte le altre circostanze e Graviano è invece un boss mai pentito, che non ha mai neppure ammesso di appartenere a Cosa Nostra! Come può quindi essere considerato credibile Graviano e non Spatuzza? Andiamo a chiederlo a Minzolini che ha sostenuto questa tesi nel Tg delle 13 nel giorno della sentenza.

Tornando a Toti, l’avventuroso direttore del Tg di Italia1 si spinge fino al punto di sostenere che con questa sentenza “i magistrati di Palermo hanno spazzato via le fantasiose ricostruzioni sui rapporti tra mafia e Stato”. Falso. È stato lo stesso presidente della Commissione parlamentare antimafia, Pisanu (Pdl) a confermare, l’altro ieri, che quella trattativa, o “qualcosa di simile”, ci è effettivamente stata. La sentenza di Palermo al massimo potrebbe provare l’estraneità di Dell’Utri a questa trattativa, e comunque bisognerà aspettare le motivazioni, ma non che la trattativa non ci sia stata. Negli ultimi mesi si è sviluppata una tale letteratura su questo argomento che metterne in dubbio la veridicità è quasi un insulto al buon senso (il miglior volume sul tema è Il patto dei giornalisti Biondo e Ranucci, ndr). Ma, soprattutto, ci sono almeno altre tre indagini in corso, a Palermo, Caltanisetta e Firenze, che investigano su quel periodo buio, in cui, come hanno ammesso l’allora Presidente della Repubblica Scalfaro e l’allora premier Ciampi, si è rischiato un colpo di Stato. Per non parlare delle clamorose rivelazioni di Massimo Ciancimino, che continua a fornire agli inquirenti prove documentate di quello che sostiene, come il famoso papello di Riina.

Ma Toti, nel giro di un minuto, è riuscito anche a fare di meglio. Ovvero ha messo in parallelo la sentenza su Dell’Utri con quella pronunciata contemporaneamente a Milano nei confronti di Massimo Tartaglia, l’aggressore di Berlusconi in piazza Duomo, giudicato in uno stato di “infermità mentale” e quindi non condannabile. Toti sostiene, ai limiti della legalità, che l’associazione mafiosa sia un reato discusso e “francamente molto discutibile” e che di conseguenza sorgerebbe il dubbio che Dell’Utri sia stato condannato solo perché: “non è che chi è vicino a Berlusconi, qualcosa alla fine la debba pagare?”. Tartaglia invece sarebbe stato assolto perché “chi si accanisce contro Berlusconi alla fine non paga mai”. Insomma, nel giro di pochi secondi, il direttore che tutti i giorni riempie i nostri teleschermi di scoop su tette rifatte e culi mosci arriva a sostenere che i giudici di tutta Italia complottino e si coordinino contro Berlusconi, che l’affiliazione alla mafia non sia poi un reato così grave e che i malati di mente non dovrebbero mai essere rinchiusi in galera, se non quando attaccano il suo Capo. Non foss’altro perché gli rovinano la cera, anzi il cerone.

Questa gente non ha nulla a che fare con l’informazione, ancora meno con la democrazia. I berluscones si stanno incattivendo. Teniamoci pronti.

GIUSEPPE PUTIGNANO



Potete trovare questo e altri articoli al sito The New De@l Megazine (ndr).