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Augusto Minzolini e Silvio Berlusconi
La notizia passata dai telegiornali italiani sulla sentenza Dell’Utri è stata: “il senatore del Pdl è stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per il periodo successivo al 1992 e la pena gli è stata quindi ridotta a 7 anni.” Non c’è niente di falso in quest’informazione, non si può quindi accusare Minzolini&co. di aver detto una bugia. Il problema è che non si tratta neppure di tutta la verità. Anzi si tratta di una verità mutilata della sua “verità” principale. Ovvero che Marcello Dell’Utri è stato comunque condannato a 7 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, poiché è stato, per almeno vent’anni, a disposizione di Cosa Nostra. E Dell’Utri non è un senatore del Pdl qualsiasi, ma il braccio destro di Silvio Berlusconi fin dagli albori della sua attività imprenditoriale nonché l’ideatore e cofondatore di Forza Italia.

Si tratta di un abile opera di mistificazione, di manipolazione della notizia, con l’obiettivo di distrarre gli spettatori e ridimensionare la portata di una sentenza che in un qualsiasi altro paese democratico porterebbe alle immediate dimissioni del Presidente del Consiglio e ad una reazione dell’opinione pubblica in grado di provocare grossi problemi di ordine. La sentenza di appello è un pronunciamento che, di per sé, conferma (o smentisce) la veridicità di quanto sostenuto dai giudici del primo grado. Il successivo verdetto della Cassazione ha il solo compito di stabilire la legittimità di questa sentenza, ma non può più metterne in dubbio l’attendibilità. Quindi è ormai un “fatto” che Dell’Utri sia stato per almeno vent’anni al servizio della mafia e che per la mafia faceva da tramite con Silvio Berlusconi. Tutto questo il Tg1 non l’ha detto.

Ma il Tg1 e tutta la compagnia della disinformatjia si sono addentrati in mistificazioni di livello superiore, al punto di sembrare ridicoli, anzi spudoratamente venduti. Il direttore di Studio Aperto, il fino a ieri anonimo Giovanni Toti (nel video), ha sostenuto che con questa sentenza sono state smentite le gravi accuse di Gaspare Spatuzza “che per anni, pagato dallo Stato, con le sue dichiarazioni ha avvelenato la vita pubblica e la reputazione di tante persone per bene”. Si tratta di un’insinuazione bella e buona, prima di tutto perché non si conoscono le motivazioni della sentenza: sarà, infatti, fondamentale capire se i giudici hanno considerato le rivelazioni di Spatuzza “incredibili” oppure veritiere ma insufficienti ai fini di una condanna (e nel secondo caso bisognerebbe chiedersi il perché non è stata ammessa agli atti la testimonianza di Massimo Ciancimino, che avrebbe potuto riscontrare quando detto da Spatuzza). Ma, in secondo luogo, è assurdo sostenere che Spatuzza sarebbe stato smentito dalle parole del suo stesso boss, Filippo Graviano. Sì perché Spatuzza è un collaboratore di giustizia che si è rivelato sempre attendibile in tutte le altre circostanze e Graviano è invece un boss mai pentito, che non ha mai neppure ammesso di appartenere a Cosa Nostra! Come può quindi essere considerato credibile Graviano e non Spatuzza? Andiamo a chiederlo a Minzolini che ha sostenuto questa tesi nel Tg delle 13 nel giorno della sentenza.

Tornando a Toti, l’avventuroso direttore del Tg di Italia1 si spinge fino al punto di sostenere che con questa sentenza “i magistrati di Palermo hanno spazzato via le fantasiose ricostruzioni sui rapporti tra mafia e Stato”. Falso. È stato lo stesso presidente della Commissione parlamentare antimafia, Pisanu (Pdl) a confermare, l’altro ieri, che quella trattativa, o “qualcosa di simile”, ci è effettivamente stata. La sentenza di Palermo al massimo potrebbe provare l’estraneità di Dell’Utri a questa trattativa, e comunque bisognerà aspettare le motivazioni, ma non che la trattativa non ci sia stata. Negli ultimi mesi si è sviluppata una tale letteratura su questo argomento che metterne in dubbio la veridicità è quasi un insulto al buon senso (il miglior volume sul tema è Il patto dei giornalisti Biondo e Ranucci, ndr). Ma, soprattutto, ci sono almeno altre tre indagini in corso, a Palermo, Caltanisetta e Firenze, che investigano su quel periodo buio, in cui, come hanno ammesso l’allora Presidente della Repubblica Scalfaro e l’allora premier Ciampi, si è rischiato un colpo di Stato. Per non parlare delle clamorose rivelazioni di Massimo Ciancimino, che continua a fornire agli inquirenti prove documentate di quello che sostiene, come il famoso papello di Riina.

Ma Toti, nel giro di un minuto, è riuscito anche a fare di meglio. Ovvero ha messo in parallelo la sentenza su Dell’Utri con quella pronunciata contemporaneamente a Milano nei confronti di Massimo Tartaglia, l’aggressore di Berlusconi in piazza Duomo, giudicato in uno stato di “infermità mentale” e quindi non condannabile. Toti sostiene, ai limiti della legalità, che l’associazione mafiosa sia un reato discusso e “francamente molto discutibile” e che di conseguenza sorgerebbe il dubbio che Dell’Utri sia stato condannato solo perché: “non è che chi è vicino a Berlusconi, qualcosa alla fine la debba pagare?”. Tartaglia invece sarebbe stato assolto perché “chi si accanisce contro Berlusconi alla fine non paga mai”. Insomma, nel giro di pochi secondi, il direttore che tutti i giorni riempie i nostri teleschermi di scoop su tette rifatte e culi mosci arriva a sostenere che i giudici di tutta Italia complottino e si coordinino contro Berlusconi, che l’affiliazione alla mafia non sia poi un reato così grave e che i malati di mente non dovrebbero mai essere rinchiusi in galera, se non quando attaccano il suo Capo. Non foss’altro perché gli rovinano la cera, anzi il cerone.

Questa gente non ha nulla a che fare con l’informazione, ancora meno con la democrazia. I berluscones si stanno incattivendo. Teniamoci pronti.

GIUSEPPE PUTIGNANO



Potete trovare questo e altri articoli al sito The New De@l Megazine (ndr).

 
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"Saremo a piazza Navona il 1° luglio. Per difendere la libertà di informazione e la Costituzione. Ci saremo perchè siamo fortemente critici nei confronti del Ddl Alfano: pensiamo che il problema dell'uso improprio delle intercettazioni vada affrontato alla fonte, e che non possa essere il pretesto nè per ridurre gli interventi degli organi come la magistratura nè per mettere bavagli alla stampa. Questa legge è dunque improponibile, ci mette al di fuori di tutti i contesti occidentali e faremo la nostra battaglia senza riserve in parlamento”. Lo afferma Pier Luigi Bersani, segretario nazionale del PD, nell'intervista di Stefano Corradino, direttore di Articolo 21.
“Anche alcuni esponenti del centro destra hanno sollevato più di una perplessità su questa Legge. Adesso chiediamo loro coerenza: devono dimostrare in che modo intendono opporsi. Io ho sempre usato l'espressione "deformazione della democrazia", che non è meno incisiva. Il principio tutto berlusconiano secondo cui il consenso prevale sulle regole è un principio inaccettabile: per la nostra Costituzione la sovranità appartiene al popolo che, tuttavia, la deve esercitare sempre nelle forme e nei limiti della Costituzione. Quella di Berlusconi pertanto è una deformazione in senso personalistico, plebiscitario e populistico della nostra democrazia”.

Ma il ddl sulle intercettazioni arriverà in aula alla Camera il prossimo 29 luglio, dopo l'esame della manovra economica. Lo ha deciso la conferenza dei capogruppo di Montecitorio, con il parere contrario delle opposizioni. E a quanto pare anche del presidente di Montecitorio: dopo la riunione, Gianfranco Fini avrebbe detto che calendarizzare a fine luglio di ddl "è irragionevole", visto che il voto finale è probabile che finisca comunque a settembre, considerato che alla Camera probabilmente ci saranno modifiche. E bolla come puntiglio la decisione.

Attacca il capogruppo del Pd Dario Franceschini: "Il testo non verrà assolutamente votato a luglio ma sarà necessario arrivare alla prima settimana di agosto. E' una cosa illogica, una forzatura sbagliata: serve solo a comprimere l'esame della manovra per un testo che comunque sarà modificato e dovrà tornare al Senato". Poi preannuncia battaglia: "L'ultima settimana di luglio e la prima di agosto sarà un inferno per la maggioranza con l'incrocio tra la manovra e l'arrivo del ddl. Noi faremo un'opposizione durissima e intransigente usando tutti gli strumenti parlamentari a disposizione". Non manca una critica a Fini: "Il calendario non è stato approvato all'unanimità, quindi la decisione è toccata a lui che ha preso una decisione che noi contrastiamo".

Anche secondo Massimo D'Alema "è sbagliato accelerare: le forzature in una materia come questa sono dannose"

La capogruppo democratica nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, avverte: "Il parlamento non è l'esecutore del volere di Berlusconi".

“Se la maggioranza crede di poter fare forzature alla Camera sul disegno di legge sulle intercettazioni troverà ‘pane per i suoi denti’ - promette Marina Sereni, vice presidente dell’Assemblea nazionale del Pd - domani saremo in piazza insieme a quei giornalisti e a
quei cittadini per i quali è inconcepibile e inaccettabile una norma che, usando la foglia di fico della privacy, rende più difficile l'azione degli investigatori e della magistratura e mette il bavaglio all'informazione
all'unico scopo di coprire i corrotti e le ‘cricche’. E a luglio o ad agosto per noi non c'è differenza: alla Camera useremo tutti i mezzi per fare opposizione nel merito alla proposta uscita dal Senato sulle intercettazioni. Si vedrà anche se nella maggioranza, oltre ai mugugni, si manifesteranno volontà concrete per cambiare una legge non degna di un paese democratico e civile”.

Bersani parla anche del rapporto del centro sinistra con il tema dell’informazione e del conflitto di interessi. “Su questo tema – afferma il segretario del Pd - limiti del centro sinistra magari ce ne possono essere stati. Sia dall'opposizione che nel corso della nostra esperienza di governo. Ma adesso l'esigenza è di unire le forze di opposizione e guardare avanti. Ora servono norme che limitino le posizioni dominanti nel campo dell'informazione. Serve una legge antitrust seria come è stato fatto per l'energia elettrica o il commercio. Una legge, ovviamente, diametralmente diversa dalla Gasparri. Dovrà essere uno dei primi punti di un programma di alternativa”.