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Il direttore generale della RAI, Mauro Masi, ha ripreso l'offensiva contro i programmi sgraditi a Silvio Berlusconi. 
Il Premier è il vero datore di lavoro di Masi e il padre padrone della televisione pubblica italiana. Lo dimostrano le intercettazioni telefoniche relativa all'inchiesta di Trani – cadute nell'oblio collettivo a meno di sei mesi dalla loro pubblicazione - in cui il dg RAI conversa amichevolmente con il cavaliere e il presidente dell'Agcom (il garante delle comunicazioni), tentando di trovare una motivazione valida per chiudere Annozero. Ora, in un paese normale, in una democrazia degna di tal nome, l'opinione pubblica e la stampa insorgerebbero per chiedere le dimissioni immediate del Premier e la rimozione dai vertici aziendali dei manager maggiordomi, preoccupati più di tutelare gli interessi del capo del Governo che quelli dell'azienda in cui lavorano (pagati con i soldi dei contribuenti). E invece, nella quasi indifferenza dei media, Santoro, Fazio, Saviano, Gabanelli vengono additati come strenui oppositori della maggioranza, faziosi, armatori dei Tartaglia, fomentatori d'odio. Giornalisti, conduttori, colpevoli solo di fare il proprio mestiere, di non annegare nell'uniformità della menzogna e della disinformazione imperante nella tv nostrana. Nell'Italia della crisi, dove le fabbriche e le aziende chiudono i battenti, della monnezza in Campania, delle inchieste sulle stragi (politico?)mafiose, raccontare la realtà diventa fastidioso.
Nell'Italia della crisi, i problemi reali svaniscono come d'incanto per lasciare spazio alla cronaca nera, alla morbosità perversa per i delitti e i trucidi episodi utilizzati come arma di distrazione di massa. Non passa giorno, oramai, senza che talk show ci raccontino gli ultimi raccapriccianti particolari sull'uccisione della giovane Sarah Scazzi. E chissà cosa sarebbe successo se la donna rumena colpita a morte dal giovane italiano per un futile diverbio fosse stata italiana e viceversa...
Meglio non disturbare i manovratori. Meglio mettere a tacere le poche voci dissenzienti, chi non si piega a questa logica dissennata. Ecco spiegato l'ennesimo tentativo di Masi di censurare Annozero, prendendo come pretesto l'ormai celebre “Vaffanbicchiere” pronunciato da Santoro in apertura della penultima puntata. Dieci giorni di sospensione la sentenza di Masi, smentito dall'arbitrato interno della RAI che ha “prosciolto” il conduttore, permettendo al programma d'informazione di punta della televisione pubblica (con una media del 23% di share) di continuare ad andare in onda. Gli danno del censore e lui non si smentisce, provando negli ultimi giorni a mettere i bastoni tra le ruote a “Vieni via con me”, il programma realizzato da Fabio Fazio in collaborazione con Roberto Saviano, incentrato sulla narrazione di alcuni temi perlopiù sconosciuti al grande pubblico generalista o poco trattati, come le discriminazione verso gli omosessuali, la mafia al Nord o l'Unità d'Italia nell'anno del 150esimo anniversario. Come per “Annozero”, anche qui il copione non cambia: individuare un falso problema per mascherare l'insofferenza alle voci indipendenti, non asservite. Questa volta sarebbero i cachet troppo esosi degli ospiti il motivo (si parla di Benigni e Bono Vox) della controversia, circostanza smentita con forza da Saviano che ha fotografato impietosamente la logica della delegittimazione in voga ora: “l'Italia resta un paese democratico, non è la Cuba di Castro o il Venezuela di Chavez, non ci arrestano. Abbassano il volume, non pagano gli ospiti, ci diffamano perché è il meccanismo è quello di buttare fango”.


Andrea Leone





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