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Cari compagni e care compagne o, se preferite, cari democratici, a titolo strettamente personale mi sento di dover spendere alcune righe sulla inutile polemica scoppiata dopo la manifestazione svoltasi al Palalottomatica questo sabato.
Molti di voi avranno letto sui giornali che cinque giovanissimi del Partito Democratico hanno contestato l'aria troppo "comunista" che si respira con la segreteria di Bersani. In particolare questi giovani non hanno gradito quel "compagni e compagne" uscito dalla bocca dell'attore Fabrizio Gifuni, invitato alla manifestazione per parlare del genocidio cultura che stiamo vivendo sotto questo governo.
Luca Candiano, Veronica Chirra, Matteo Cinalli, Sante Calefati e Marino Ceci, ventenni o poco più, dopo aver sentito quelle parole hanno scritto una lettera al segretario Bersani esprimendo il loro disappunto: "Per noi "nativi del Pd", cioè estranei alla tradizione comunista e a quella democristiana, le parole compagni, festa dell'Unità, sono concetti che rispettiamo per la tradizione che hanno avuto ma che non rientrano nel nostro pensare politico e che facciamo fatica ad accettare... questo trapassato non ha noi come destinatari".
Quando ho letto queste parole devo amettere di aver provato un certo disdegno e ci tengo molto a distaccarmene pubblicamente.


Cari Luca, Veronica, Matteo, Sante e Marino,
anche io ho 22 anni, anche io non ho vissuto l'era del Pci e nemmeno quello del Pds o dei Ds, anche io sono una nativa del Partito Democratico, ma non per questo non conosco o voglio prendere le distanze dalla mia storia, una storia che  deve servirmi da guida per il fututo. Se il Pd è un partito "destinato alla perenne minoranza" non è certo perchè si usa la parola "compagno", una parola ricca di significati emotivi e solidarietà. Probabilmente i veri problemi del nostro partito sono altri: per prima cosa una difficoltà ad avere un cambio generazionale al vertice, ad essere antiquato non è il lessico, ma parte della dirigenza; il secondo motivo riguarda le inutili polemiche interne che si susseguono ad ogni nostra uscita pubblica, molto spesso polemiche sterili espresse solo per veder comparire il proprio nome sui giornali.
Se vogliamo crearci una nostra identità dobbiamo iniziare a lavorare seriamente e lasciare le chiacchiere a chi ne ha sempre fatte e continuerà a farne.  Non aspettiamo che i grandi ci indichino la strada da seguire e non scandalizziamoci di fronte ai nostalgici (a volte come biasimarli?). Invece di perderci in queste piccole cose, guardiamo ai problemi veri del nostro paese e dimostriamo che la nostra generazione può finalmente essere in grado di costruire quella politica del fare che da più parti viene richiesta.
Con  affetto

Anna Frabotta

luca
26/6/2010 09:42:12 pm

Io credo che stiamo andando troppo al centro, e al centro c'e' troppa confusione di idee.
Effettivamente noi abbiamo delle radici storiche che servono proprio per non farci dimnticare chi siamo, e se siamo qui è anche grazie al quelli che giravano com le bandiere con su la FALCE E MARTELLO.
Io non disdegno il nostro passato... saluti

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